Toxoplasmosi ed il gatto
La toxoplasmosi è una patologia trasmissibile all’uomo mediante l’ingestione di oocisti. Il parassita riconosce come ospite definitivo il gatto che elimina nell’ambiente delle oocisti.
Isospora Felis e Toxoplasma sono gli agenti che si riscontrano più frequentemente nel gatto (coccidiosi).
Si tratta di una famiglia di protozoi, cioè piccoli organismi monocellulari, parassiti endocellulari obbligati; essi, cioè, anziché vivere all’interno del lume intestinale, vivono dentro le cellule della mucosa che lo riveste. I coccidi si riproducono sia per via sessuale che per via asessuata, in quest’ultimo caso tramite un processo di divisone cellulare. Nei vari processi proliferativi fuoriescono dalle cellule della parete intestinale per andare ad infestarne altre, rompendone la parete ed uccidendole. Una volta compiuto il ciclo riproduttivo sessuato vengono disseminate nell’ambiente delle oocisti che impiegano qualche tempo a maturare e a diventare a loro volta infestanti. L’infestazione si può contrarre sia direttamente, sia tramite l’ingestione di altri animali in cui i coccidi sono presenti in forma cistica a livello di masse muscolari. E’ questa la via di trasmissione della toxoplasmosi che come ospiti intermedi vede tutti i mammiferi, i volatili ed i rettili, mentre come ospite definitivo ed unico disseminatore nell’ambiente riconosce il gatto. I coccidi del genere Isospora danno sintomi riferibili alla distruzione dell’epitelio intestinale che esitano in diarrea acquosa spesso striata di sangue, malassorbimento, crescita stentata e, secondo alcuni autori, sintomi sovrapponibili a forme respiratorie di natura virale. Il Toxoplasma di solito induce un’infestazione silente ma in particolari situazioni, come nel caso di gatti immunodepressi, può dar luogo a sintomatologia anche grave con sintomi respiratori, alterazioni a carico del fegato e sintomi di tipo neurologico dovuti alla presenza di formazioni cistiche a livello cerebrale.
La diagnosi si basa nel primo caso sulla ricerca delle oocisti nel materiale fecale mentre nel caso della toxoplasmosi, data l’importanza del parassita per ciò che riguarda la salute pubblica, sono disponibili anche indagini accurate e specifiche. A questo proposito dobbiamo spendere due parole in più.
La toxoplasmosi è una patologia trasmissibile all’uomo mediante l’ingestione di oocisti in cui il parassita abbia raggiunto il giusto stadio di maturazione (oocisti sporulate). Il parassita riconosce come ospite definitivo il gatto che elimina nell’ambiente delle oocisti non sporulate. Perché queste maturino devono trascorrere quattro o cinque giorni e devono essere presenti condizioni di temperatura e umidità favorevoli a che queste sopravvivano. Il contagio diretto dell’uomo a partire dal gatto dovrebbe quindi avvenire mediante la contaminazione oro fecale allo scadere di questo periodo, cosa che avviene di solito a seguito dell’ingestione di verdure crude, inquinate da feci di gatto e mal lavate. La via di contagio più frequente, oltre questa, è quella dovuta all’ingestione di carni crude di animali che ospitano delle cisti del parassita a livello muscolare o, ancora, l’ingestione accidentale di terriccio per chi fa giardinaggio o lavora nel settore agricolo. Quello che sappiamo è che circa ¼ della popolazione mondiale ha superato l’infestazione in maniera spesso del tutto inosservata, ma evitare la parassitosi diventa estremamente importante in gravidanza dato che il parassita può causare gravissime anomalie fetali. Detto questo, tuttavia, non mi sembra corretto colpevolizzare il gatto che spesso viene bandito da casa durante il periodo di gravidanza, dato che esso tende ad eliminare (moltissime per la verità) oocisti una sola volta nella vita e per un tempo limitato (gatto sano) e che queste oocisti sporulano solo dopo alcuni giorni e diventano infestanti. A difesa del gatto mi sento di dire che se la proprietaria in dolce attesa, pulisce la lettiera del proprio gatto solo una volta alla settimana, a mani nude e poi magari si rosicchia le unghie, evidentemente ha scelto liberamente di giocare col fuoco.