Perché non consiglio crocchette per gatti
Ci capita spessissimo di assistere alla faccia attonita del cliente che scopre per la prima volta che il gatto non deve per forza mangiare crocchette e che anzi, è meglio che non le mangi del tutto. Lo stupore è dovuto al fatto che il consumatore medio è stato “lavorato ai fianchi” per decenni dall’industria mangimistica, subissato da campagne pubblicitarie martellanti, spesso fuorvianti, talvolta al limite estremo della correttezza. Non meraviglia, quindi, che troppi proprietari di cani e di gatti credano seriamente alla favola che le crocchette per gatti sono nate prima del gatto.
“Consumare crocchette per gatti” non è l’undicesimo comandamento
In un precedente articolo (link) abbiamo raccontato in maniera più estesa l’origine dei mangimi preconfezionati per gli animali da compagnia. Riassumendo brevemente, nel 1860 l’elettricista americano James Spratt inventò gli snack biscottati per cani. Successivamente, dopo la prima guerra mondiale, si passò all’utilizzo di scarti di macellazione dei cavalli, che erano in eccesso a causa del loro abbandono da parte dell’esercito, per produrre scatolame di cibo per animali (Ken L-Ration). La produzione di diete umide in scatola per cani e gatti continuò fino al 1940, consentendo all’industria alimentare di sfruttare commercialmente gli scarti di macellazione e altri ingredienti. Tuttavia, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, il metallo utilizzato per la produzione delle scatole fu destinato, per decreto, a scopi bellici, lasciando l’industria alimentare con enormi quantità di materie prime altamente deperibili. La disidratazione di questi ingredienti si rivelò un metodo efficace per conservarli più a lungo. Nel 1956, venne introdotto un nuovo processo di produzione per i mangimi secchi chiamato estrusione, e nel 1960 le crocchette per gatti si affiancarono a quelle già utilizzate per i cani.
Quindi, è importante sottolineare che…
L’introduzione delle crocchette per gatti non è stata motivata dall’amore per gli animali, ma è stata una necessità causata dalla carenza di scatolame durante la seconda guerra mondiale. Prima di allora, l’alimentazione umida era universalmente accettata come la forma di cibo per cani e gatti.
Nonostante le circostanze che hanno portato alla creazione delle crocchette, questa scelta ha sicuramente contribuito al successo dell’industria alimentare per animali da compagnia. Tuttavia, resta aperta la questione se questa forzatura sia stata positiva o meno per la salute dei cani e dei gatti.
La scelta tra una dieta esclusivamente umida e una dieta secca per i nostri animali non è semplicemente una questione di preferenza, come decidere tra un piatto di tortellini alla panna o in brodo, che riguarda solo il gusto. Al contrario, nel caso dell’alimentazione del gatto e del cane rappresenta una distinzione fondamentale tra un’alimentazione naturale e fisiologica e un’alimentazione artificiale che non tiene conto delle peculiarità fisiologiche delle diverse specie, in particolare per quanto riguarda i gatti, né del processo evolutivo come adattamento ambientale dell’animale. In questo contesto, l’alimentazione secca, specialmente per i gatti, rappresenta un chiaro esempio di inadeguatezza totale.
Inadeguata composizione delle crocchette per gatti
Il processo di estrusione utilizzato nella produzione delle crocchette per gatti e cani implica l’utilizzo di alte temperature, elevate pressioni e la presenza essenziale di una sostanza legante a base di zuccheri (carboidrati, glucidi e saccaridi sono sinonimi). Gli zuccheri sono presenti in diversi prodotti sotto forme diverse, non solo come lo zucchero semolato che versiamo nel caffè. Farine, amidi e sciroppi sono tutti costituiti da zuccheri in varie quantità. La presenza di questo legante zuccherino permette di compattare e dare forma alle crocchette, proprio come l’uovo che viene aggiunto all’impasto delle polpette.
Di conseguenza, tutte le crocchette per gatti, anche quelle dei marchi più prestigiosi, contengono una quantità considerevole di zuccheri, spesso oltre il 30% del totale.
Se consideriamo che il pasto naturale del gatto ne contiene solo dal 2 al 3%, ci rendiamo conto che stiamo somministrando al nostro gatto una quantità di zuccheri 10-15 volte superiore alle sue reali necessità!
Questo eccesso di zuccheri, oltre a essere dannoso di per sé, viene a discapito delle due classi di nutrienti essenziali per il gatto, che è un carnivoro stretto: proteine e grassi. Il fatto che gli zuccheri siano meno costosi rispetto alle proteine animali potrebbe spiegare perché l’industria mangimistica non sia molto propensa a ridurne l’utilizzo.
Il metabolismo del gatto non è adeguatamente “programmato” per elaborare un eccesso di zuccheri del genere. Infatti, questo eccesso di zuccheri nella dieta di un carnivoro stretto è implicato nell’insorgenza di diverse patologie emergenti in questa specie, tra cui obesità, diabete, infiammazioni intestinali croniche, patologie del fegato, patologie del tratto urinario e altre. Anche noi umani siamo costantemente esposti ad alimenti e bevande eccessivamente zuccherati, tanto che le autorità governative mondiali stanno introducendo limitazioni e tasse (tassa sullo zucchero) nel tentativo di contrastare l’aumento significativo dell’incidenza di malattie correlate all’abuso di zuccheri e di contenere i notevoli costi sociali a esse associati.
Inadeguato contenuto idrico nelle crocchette per gatti
Nel suo ambiente naturale, il gatto ottiene la maggior parte dell’acqua di cui ha bisogno direttamente dagli alimenti che consuma, cioè dalle sue prede, anziché berla. Potremmo dire che il gatto “mangia” l’acqua invece di berla.
Questa caratteristica peculiare del gatto deriva dalla sua discendenza diretta da un felino desertico, il Felix Lybica, anche nella sua varietà europea. È evidente che trovare fonti d’acqua nel deserto sia piuttosto complicato. In risposta alla scarsità di risorse idriche nell’ambiente, il gatto tende a minimizzare la perdita di acqua attraverso l’eliminazione di urina altamente concentrata.
Un’altra caratteristica del gatto e del suo rapporto particolare con l’acqua riguarda la sete, che viene innescata in ritardo rispetto al reale stato di disidratazione dell’organismo. È noto, invece, che il cane ha un naturale “desiderio di bere”. In altre parole, il gatto è un animale che vive costantemente in uno stato di equilibrio sottile rispetto alla disidratazione.
In sintesi, un gatto che consuma cibo umido risulta essere due volte più idratato rispetto a un esemplare che si nutre di cibo secco e si disseta dalla ciotola d’acqua (il cibo umido contiene circa il 70% di acqua, mentre il cibo secco solo circa il 10%).
Abbiamo quindi a che fare con un animale che, per sua natura, beve poco e produce urine concentrate. Se forniamo a un gatto di questo tipo una dieta secca, avremo un animale potenzialmente disidratato che eliminerà urine ancora più concentrate. Questo è il percorso principale per causare o favorire l’insorgenza di una serie di patologie del tratto urinario inferiore, tra cui calcolosi vescicali e uretrali.

Le calcolosi vescicali e uretrali, in particolare nel gatto maschio, non sono da prendere alla leggera: se non trattate tempestivamente possono sfociare nell’ostruzione del normale deflusso urinario mettendo a rischio la vita del soggetto
La lista delle patologie connesse all’uso delle crocchette per gatti è tale da sconsigliarne l’uso. Poco importa se le crocchette siano di alta o bassa fascia di prezzo, se hanno nomi roboanti tipo “Premiun”, “Urinary”, “Veterinary”..
E’ il concetto stesso di alimento secco e l’uso di una formulazione troppo ricca in zuccheri che fa delle crocchette per gatti, di tutte le crocchette per gatti, una soluzione alimentare scorretta, a volte mici-diale.